Materiale informativo

Il glaucoma

La maculopatia



Cos’è il glaucoma
Il glaucoma è una malattia molto frequente; è una malattia del nervo ottico, frequentemente causata dall’innalzamento della pressione intraoculare.

Analizziamo la pressione intraoculare
Nell’occhio è presente un gruppo di cellule (epitelio pigmentato del muscolo ciliare) che produce un liquido chiamato umore acqueo; tali cellule si trovano dietro l’iride. L’umore acqueo serve normalmente a portare nutrimento ad alcune strutture all’interno dell’occhio stesso. Una volta compiute le sue funzioni, l’umore acqueo deve uscire dall’occhio e ci riesce raggiungendo e attraversando una sorta di griglia (chiamata trabecolato) situata davanti l’iride, in una struttura chiamata “angolo irido-corneale”. Normalmente nell’occhio viene prodotta una quantità di umore acqueo pari alla quantità eliminata, in modo tale da avere una pressione costante. Nel glaucoma si verifica invece una difficoltà per l’umore acqueo al deflusso, cioè al passaggio attraverso il trabecolato (un po’ come succede all’acqua in un lavandino quando c’è lo scarico otturato) e questo fa sì che l’umore acqueo si accumuli all’interno dell’occhio, determinando un aumento della pressione intraoculare.
Notizie utili:
● La pressione intraoculare normale è, in media, attestata a valori di 15 mmHg e può arrivare a 21 mmHg (ricordiamoci che, a differenza della pressione del sangue, per la pressione intraoculare si ha un solo valore)-
● La pressione intraoculare non è associata o correlata alla pressione sanguigna. Entrambe sono pressioni, ma non hanno nulla in comune (come nell’automobile succede per la pressione delle ruote e la pressione dell’olio).

Il nervo ottico e il danno in corso di aumento della pressione intraoculare
Tutte le strutture all’interno dell’occhio sono esposte alla pressione intraoculare ma, fortunatamente, la larga parte di queste non risente minimamente di eventuali rialzi pressori. Solo una però non ha la forza sufficiente a resistere a valori della pressione intraoculare sopra la norma: il nervo ottico. Questa struttura rappresenta “il filo elettrico” che collega l’occhio al cervello (nello specifico al lobo occipitale, che si trova nella parte posteriore della testa), inviando al cervello stesso l’immagine catturata dall’occhio. Ne deriva che, anche in presenza di un occhio completamente sano, se il nervo ottico non funziona, il paziente non vede.
Notizie utili:
● Se non viene curata, la pressione intraoculare determina “la perdita” del nervo ottico, di solito, in alcuni anni; ne deriva che, se non si arriva tardi alla diagnosi di glaucoma, solitamente si riesce a contenere la malattia.
● Quando il danno al nervo ottico è ancora nelle fasi iniziali, il paziente spesso non si accorge della riduzione visiva, fondamentalmente per due motivi: 1) le prime modifiche visive riguardano la parte periferica del campo visivo (e questo crea pochi problemi perché noi utilizziamo prevalentemente la parte centrale del campo visivo stesso), 2) ciò che non viene visto con un occhio può essere visto con l’altro (e quindi l’immagine che viene percepita risulta comunque completa).


Quali sono i sintomi della pressione alta? Come fa un paziente ad accorgersi di avere la pressione alta?
Il glaucoma viene chiamato il ladro silenzioso della vista; esiste questa definizione perché purtroppo il paziente non sente nulla; la pressione intraoculare alta non genera dolore, rossore, lacrimazione. L’unica cosa della quale il paziente si può accorgere è di un calo della vista, ma purtroppo, se si arriva ad averne coscienza, significa che ci sono già danni avanzati al nervo ottico e ciò rappresenta un grosso problema perché, quando il nervo ottico si è danneggiato, non esiste modo per ripristinarne la funzione. Essenzialmente l’unico modo per accorgersi di avere questa patologia, quando non è troppo tardi, è misurare in tempo la pressione intraoculare ed esaminare il nervo ottico.
Notizie utili:
● La pressione intraoculare può aumentare in qualunque età, ma solitamente ciò si verifica dai 40 anni in poi.
● La familiarità è molto importante nella possibilità di insorgenza del glaucoma, potendo favorire di circa dieci volte l’insorgenza del glaucoma.

In che modo l’oculista diagnostica il glaucoma?
Ci sono vari esami, alcuni dei quali si effettuano direttamente in corso di una visita oculistica generale, altri vengono poi richiesti dall’oculista caso per caso:
● la tonometria, cioè la misurazione della pressione dell’occhio, che può essere effettuata con tonometri a contatto con l’occhio e con tonometri che non toccano l’occhio.
● l’osservazione del nervo ottico, per capire se sia danneggiato e se ci siano differenze tra i due occhi.
● la pachimetria, che consiste nella misurazione dello spessore corneale; il concetto è che i tonometri interagiscono con la cornea per misurare la pressione intraoculare, ma sono impostati per rapportarsi a una cornea di spessore “medio”; nel momento in cui la cornea ha uno spessore maggiore o minore della norma le misurazioni della pressione possono essere sovrastimate o sottostimate (in alcuni casi una pressione rilevata di 18 mmHg potrebbe in realtà corrispondere a valori di 21 o 15). Correlando il valore pressorio rilevato dal tonometro e il valore dello spessore della cornea si riesce ad avere una misurazione precisa della pressione oculare.
● il campo visivo, che consiste in un esame funzionale per il nervo ottico; in questo modo non ci si limita ad osservare il nervo ottico ma si analizza punto per punto la funzionalità delle sue fibre. È un esame presente da molti anni in oculistica e per molto tempo è stato tra i più utilizzati. Ha due limiti: 1) dato che richiede la collaborazione del paziente, che deve rimanere il più concentrato possibile per rispondere correttamente ai test visivi, non sempre è molto preciso (e molte volte è necessario ripeterlo). 2) il risultato viene falsato se ci sono altre malattie concomitanti nell’occhio, come ad esempio la cataratta o la maculopatia.
● L’analisi ONH (testa del nervo ottico) e l’analisi RNFL (strato fibre nervose retiniche), entrambi questi esami analizzano lo stato di salute del nervo ottico e delle fibre nervose attorno al nervo ottico. Sono tra gli esami più moderni in oculistica e risultano molto precisi e ripetibili dato che non richiedono la collaborazione del paziente ed i risultati non sono influenzati da altre malattie concomitanti.
Notizie utili:
● Spesso è necessario ripetere più volte la tonometria per inquadrare al meglio la pressione intraoculare.
● Gli esami hanno una duplice funzione: in alcuni casi servono per effettuare diagnosi, in altri servono per monitorare l’andamento della patologia e capire quindi se ci siano differenze dalla diagnosi allo stato attuale.

La terapia del glaucoma
Nel momento in cui si effettua diagnosi di glaucoma, bisogna iniziare la terapia. Attualmente ne esistono varie tipologie, vale a dire terapie mediche (con colliri e compresse), parachirurgiche (con il laser) e chirurgiche; la terapia più utilizzata è quella medica; esistono varie famiglie di farmaci che riescono a ridurre la pressione intraoculare, essenzialmente mediante due meccanismi: alcuni aumentano il deflusso, cioè l’uscita, di umore acqueo dall’occhio, altri riescono a diminuirne la produzione. Con i colliri si riesce a compensare molto bene la larghissima parte delle forme di glaucoma ma, quando con questi non si riesce a contenere la pressione intraoculare, si deve passare ad altre forme di terapie. La terapia con il laser è mirata solitamente alle forme iniziali di glaucoma mentre la chirurgia dà risultati molto importanti ed è solitamente riservata alle forme non trattabili efficacemente con la terapia medica e/o con il laser.
Notizie utili:
● Naturalmente l’oculista deve prescrivere di volta in volta la terapia più efficace per contenere il rialzo pressorio ma, oltre a questo, è comunque importantissimo il ruolo del paziente, che deve utilizzare correttamente le medicine oltre che effettuare costantemente e periodicamente verifiche della sua patologia con l’oculista (cosa non sempre scontata quando si parla di terapie a lunga durata).
● Come per tutte le terapie a lunga durata, anche i colliri per il glaucoma non sono esenti da effetti collaterali. Fortunatamente però spesso si parla di conseguenze molto modeste, come ad esempio rossore e bruciore subito appresso l’instillazione (che solitamente tendono a ridursi dopo 1-2 mesi dall’inizio della terapia). A questo discorso fanno eccezione i colliri contenenti beta-bloccanti, il cui farmaco può avere ripercussioni a livello generale; tali colliri devono essere prescritti solo dopo attenta valutazione.

In cosa consiste la chirurgia del glaucoma?
Ci sono varie tecniche, quella più diffusa è la trabeculectomia. Il concetto è che, molto spesso, la zona attraverso la quale l’umore acqueo deve uscire dall’occhio è ostruita; risulta quindi necessario creare un’altra apertura in maniera tale da permettere all’umore acqueo di poter defluire dall’occhio; succede quindi che l’umore acqueo riesce ad uscire non più dalla via normale (che funziona male), ma da una nuova via creata chirurgicamente. In questo modo si riesce a tenere sotto controllo alcune forme di glaucoma che altrimenti non sarebbero gestibili soltanto con i colliri e le compresse. La buona riuscita dell’intervento ha una durata molto variabile, potendo “resistere” tutta la vita oppure per un arco di tempo che varia da mesi ad anni; questo in conseguenza del fatto che l’apertura chirurgica può chiudersi in risposta a meccanismi cicatriziali. È comunque possibile effettuare “una revisione della bozza chirurgica”, per riaprire la ferita che l’organismo, mediante la cicatrizzazione, ha chiuso.
Notizie utili:
● l’intervento per la cataratta, pur non essendo effettuato specificamente per i casi di glaucoma, riesce spesso a ridurre anche la pressione dell’occhio.
● Dopo la trabeculectomia l’utilizzo dei colliri è variabile: in alcuni casi servono, in altri si può ridurne o evitarne l’utilizzo.

Il glaucoma acuto
Un cenno a parte merita questa particolare forma di glaucoma: il glaucoma acuto. Nelle forme croniche, come visto in precedenza, il danno al nervo ottico avviene di solito nell’arco di anni, dato che la pressione intraoculare si discosta di poco dai valori normali; nel glaucoma acuto, a fronte di una pressione normale che può arrivare a 21 mmHg, si rilevano valori che possono arrivare anche a 80 mmHg. In situazioni come questa si parla di una emergenza medica, dato che il nervo ottico può completamente danneggiarsi in pochi giorni (raramente anche in poche ore). La sintomatologia diventa imponente, comprendendo principalmente rossore, visione offuscata o pressocchè abolita (determinata dalla sofferenza della cornea), dolore (che si irradia dall’occhio alla tempia dello stesso lato), nausea e vomito. Il glaucoma acuto si verifica a seguito di una chiusura completa dell’angolo camerulare, zona dalla quale l’umore acqueo defluisce. La terapia è medica, mediante colliri (spesso si utilizzano da subito più colliri contemporaneamente) e farmaci per via generale, parachirurgica (con il laser) e chirurgica.

Cos’è la maculopatia?

Maculopatia è un termine generico che serve ad indicare una serie di malattie della macula.

Cos’è la macula?
La macula è la parte centrale della retina, il tessuto dell’occhio deputato alla visione distinta. È formata da una serie di 10 strati composti da cellule e membrane; tali strati sono giustapposti (come le pagine di un libro che sono impilate le une sulle altre) e il corretto funzionamento dipende fondamentalmente da 2 fattori: 1) la vitalità delle cellule che compongono il tessuto maculare, 2) la forma della macula stessa che, in caso di modificazioni, può determinare alterazioni visive (ad esempio calo della vista, modificazioni della forma delle immagini ecc.).

Notizie utili

  •  La macula è un tessuto estremamente piccolo; ha forma circolare ed ha un diametro di soli 5,5 mm. In aggiunta va detto che all’interno della macula si localizza la fovea (la parte nobile della macula) che permette di raggiungere i dieci decimi, la quale ha uno spessore di soli 0,2 millimetri. Da queste misure si evince che lesioni anche piccolissime possono avere conseguenze enormi per la vista.
  • La retina (e quindi anche la macula e la fovea) è un tessuto ad alto metabolismo e pertanto necessita di molta energia per esplicare la funzione visiva; ne deriva che un buon equilibrio vascolare generale (quindi un buon compenso glicemico, pressorio, lipidico ecc.) permette una visione migliore, o quantomeno più stabile.

Le varie forme di maculopatia
In base alla sede in cui si verificano le alterazioni e in base alla causa che le determinano si avranno varie forme di maculopatie, anche molto diverse tra loro. Di seguito alcune tra le più frequenti:

Distrofia dell’ epitelio pigmentato della retina (EPR)
Si tratta di un’alterazione del nutrimento a carico dell’ EPR, che rappresenta lo strato sul quale poggiano i neuroni retinici che permettono la formazione dell’immagine. Le cellule che compongono l’EPR hanno fondamentalmente 2 funzioni:
1) principalmente servono per nutrire e mantenere vitali i neuroni retinici,
2) secondariamente contribuiscono a ridurre fenomeni di aloni e abbagliamento. È una tra le maculopatie più frequenti, quasi sempre bilaterale (anche se può avere gravità diversa nei due occhi). È dovuta ad un invecchiamento accentuato di questo strato retinico.

  • Sintomi: calo progressivo del visus, spesso comunque non molto accentuato.
  • Terapia: Attualmente non esistono terapie che possono far guarire da tale distrofia; è utile per il paziente utilizzare integratori retinici, in modo da migliorare la vitalità del tessuto maculare per bloccare, o quantomeno rallentare, l’evoluzione della patologia.
  • Esami: OCT.

Degenerazione maculare legata all’età (DMLE)
Una tra le più pericolose forme di maculopatia è la DMLE; purtroppo è anche molto frequente, solo in Italia circa 4 milioni di persone soffrono di questa malattia. In generale succede che ne soffre una persona su 6-7 tra gli over 50 anni, una persona su tre sopra i 75 anni. Per comprendere i meccanismi alla base della DMLE bisogna analizzare il metabolismo cellulare: questo si compone di due fasi, catabolismo ed anabolismo; con il catabolismo vengono disgregati vari materiali e si produce energia, con l’anabolismo viene utilizzata l’energia appena prodotta per costruire i vari componenti delle cellule ed assolvere alle varie funzioni. Durante il catabolismo, dalla disgregazione dei materiali in molecole utili alle funzioni cellulari, viene prodotta anche una certa quantità di elementi di rifiuto (un po’ come succede in una fabbrica nella quale, in seguito alla produzione di un certo prodotto, si ottengono anche materiali di scarto). Tali elementi di rifiuto (detti cataboliti) normalmente vengono eliminati dalla retina con il sangue, in modo da mantenere l’ambiente cellulare “pulito”. Se però succede che i cataboliti non vengono eliminati, ma tendono ad accumularsi tra le cellule, allora si verifica una DMLE. In tale malattia infatti le cellule non riescono ad eliminare i cataboliti, che si accumulano e danno vita a delle formazioni chiamate drusen, che altro non sono che accumuli di cataboliti. Le drusen purtroppo alterano la forma e la vitalità dell’EPR, determinando una notevole sofferenza di questa parte della macula.

Classificazione: esistono due forme di DMLE: una atrofica (o secca) ed una essudativa (o umida); la forma atrofica rappresenta il 90% dei casi di DMLE, è la meno aggressiva e più lenta nell’ambito della determinazione del calo del visus e consiste nella sola presenza delle drusen (con il conseguente danno maculare). La forma essudativa rappresenta invece il 10% dei casi di DMLE; consiste in una DMLE secca alla quale si aggiunge una neovascolarizzazione maculare. Il meccanismo in base al quale si verifica la neovascolarizzazione è il seguente: dato che il tessuto maculare soffre per la presenza delle drusen, vengono richiamati vasi con lo scopo di portare un maggiore apporto sanguigno e quindi una maggiore forza al tessuto maculare stesso; purtroppo però tali vasi non hanno la robustezza tipica dei vasi retinici e questo fa si che si verifichino emorragie ed essudazione (fuoriuscita di liquido) dai vasi stessi, con conseguente peggioramento della vitalità maculare. La forma essudativa solitamente determina un calo del visus notevole e molto rapido (spesso giorni).

Sintomi:

  • forma atrofica: calo del visus progressivo e molto lento (spesso anni).
  • forma essudativa: calo del visus molto rapido (raramente ore, a volte giorni).
  • entrambe le forme: metamorfopsia, cioè un’alterazione nella forma degli oggetti (un quadro può essere visto con una ondulazione su uno o tutti i suoi lati).
  • scotoma cioè una macchia scura nel centro circa del campo visivo.

Terapia:

  • forma atrofica: Attualmente non esistono terapie che possono far guarire da tale patlogia; è utile per il paziente utilizzare integratori retinici, in modo da    migliorare la vitalità del tessuto maculare per bloccare, o quantomeno rallentare, l’evoluzione della patologia.
  • forma essudativa: oltre che gli integratori, è possibile utilizzare la terapia intravitreale, che consiste nell’iniezione dentro l’occhio di alcuni farmaci che hanno lo scopo di chiudere i vasi che si sono formati nel tessuto maculare, in modo tale da evitare i fenomeni essudativi ed emorragici legati ai vasi stessi. Tale terapia si dimostra quindi curativa, ma purtroppo non sempre risulta facile chiudere completamente i vasi, necessitando quindi numerose iniezioni a cadenza solitamente mensile.

Esami: OCT e, in alcuni casi, fluorangiografia e retinografia.

Sindrome dell’interfaccia vitreo-retinica

La macula, come detto in precedenza, deve la sua funzione anche alla sua forma. Nello specifico la macula presenta una superficie orizzontale con una depressione centrale, in corrispondenza della fovea (vista di profilo, può essere associata alla forma di un piatto fondo). Purtroppo può succedere che alcune patologie facciano perdere la corretta forma alla macula e, di conseguenza, vadano a ridurne la capacità visiva. Nella sindrome dell’interfaccia vitreo-retinica si forma una membrana (chiamata membrana epiretinica) sulla superficie della macula che va ad esercitare una trazione sulla macula stessa, creando una riduzione della normale depressione centrale, fino a farla scomparire del tutto (il profilo della macula in tal modo diventa completamente piatto, senza la concavità centrale). In alcuni casi non si riesce a determinare la causa che ne determina l’insorgenza (forma idiopatica), in altri casi invece deriva da processi infiammatori (uveite, retinopatia diabetica ecc.).

Sintomi:

  • calo del visus progressivo, ma molto variabile in quanto a gravità (in alcune forme il visus rimane pressocchè conservato, in altre tende invece a ridursi notevolmente).
  • metamorfopsia: alterazione nella forma degli oggetti: un quadro può essere visto con una ondulazione su uno o tutti i suoi lati.
  • macropsia: gli oggetti, solitamente nella parte centrale del nostro campo visivo, risultano ingranditi.
  • micropsia: gli oggetti, solitamente nella parte centrale del nostro campo visivo, risultano rimpiccioliti.

Terapia:

Essenzialmente la terapia è chirurgica; si effettua la asportazione della membrana epiretinica in modo tale da eliminare ciò che determina la patologia  stessa. Non tutte le forme di tale patologia si operano, ma solo quelle che presentano trazione crescente nel tempo; nelle forme che non presentano evolutività si utilizzano solo gli integratori, che non servono a impedire che la membrana epiretinica eserciti trazione, ma sostengono il tessuto retinico sofferente.

Esami: OCT

Retinopatia diabetica

Rappresenta una delle più frequenti complicanze del diabete. Il 40-50% dei pazienti diabetici sviluppano una retinopatia dopo 10 anni dalla diagnosi di diabete, oltre il 90% dopo 20 anni dalla diagnosi. Il diabete determina essenzialmente alterazioni a carico dei vasi della retina, che vanno poi a creare danni al tessuto nervoso retinico. Tutte le alterazioni conseguenti al diabete possono avere valenza enormemente diversa, per quanto riguarda il visus del paziente, in funzione alla sede interessata dalla lesione: bisogna infatti tenere sempre a mente che, della retina, a noi fondamentalmente serve la parte centrale (la macula) per mantenere una visione distinta. Ne consegue che lesioni anche estese e gravi, possono avere nessuna o pochissime ripercussioni sulla vista (molti pazienti diabetici hanno lesioni retiniche senza saperlo); d’altro canto invece poche lesioni, magari anche iniziali, possono compromettere enormemente la vista del paziente, quando queste originano nella macula. Non esiste modo per “dirottare” le lesioni al di fuori della macula.

Classificazione:

  • retinopatia diabetica non proliferante
    • di grado lieve
    • di grado moderato
    • di grado severo
  • retinopatia diabetica proliferante
    • a basso rischio
    • ad alto rischio

(tale classificazione dipende dalla quantità e dal tipo di lesioni che vengono rilevate sulla retina).

Nella retinopatia diabetica non proliferante, se non è presente una maculopatia diabetica concomitante, il visus del paziente può essere ancora ottimale; nella forma proliferante invece solitamente ci si trova in quadri avanzati, con conseguente maculopatia concomitante e visus ridotto in entità variabile.

La maculopatia diabetica rappresenta una condizione temibile per il visus del paziente, dato che si verifica sempre un calo della prestazione visiva. Consiste in un accumulo di liquido (edema) all’interno degli strati maculari, con conseguente aumento di volume del tessuto maculare stesso (come una spugna che si riempie d’acqua); ciò determina: 1) una sofferenza dei neuroni maculari, stirati e deformati dall’aumento di volume, 2) una modificazione della normale forma maculare. Entrambi tali aspetti determinano una riduzione visiva, tanto accentuata quanto maggiori sono le modificazioni a carico della macula.

Sintomi:

  • calo del visus di entità molto variabile (non necessariamente progressivo, in funzione al compenso glicemico ed a eventuali terapie in atto).
  • metamorfopsia: alterazione nella forma degli oggetti: un quadro può essere visto con una ondulazione su uno o tutti i suoi lati.
  • scotoma; macchia scura nel centro circa del campo visivo.
  •  altre alterazioni in corso di forme più avanzate.

Terapia:

  • medica: fondamentalmente integratori per la retina ed eventualmente per il  circolo vascolare, in modo da irrobustire il tessuto  retinico e la parete vasale.
  • parachirurgica con laser, con obiettivi diversi asseconda che si debba intervenire sulla macula o sulla periferia:

1) per la macula si esegue una griglia maculare, cioè un muro, un accerchiamento della macula con spot laser, in modo tale da creare una “diga” che possa contrastare il passaggio di liquido all’interno della macula, per ridurre quindi l’edema maculare;

2) per la periferia retinica si esegue un trattamento fotocoagulativo di parti più o meno estese in modo tale da bloccare l’evolversi di processi patologici; in altri termini si può dire che si “sacrifica” una parte della retina (anche tutta la retina periferica) per impedire l’espansione e il diffondersi di danni al tessuto maculare.

  • parachirurgica con iniezioni intravitreali, per iniettare direttamente dentro l’occhio alcuni farmaci utili a contrastare le complicanze del diabete.
  •  chirurgica: riservata ad alcune complicanze gravi (es: emovitreo) legate a fasi avanzate della retinopatia diabetica.

Esami: OCT e fluorangiografia

Considerazioni sulle varie forme di maculopatia

– Esistono numerosi tipi di maculopatie; fondamentalmente il loro inquadramento dipende da quanto possono indebolire la capacità visiva. Alla luce di ciò la retinopatia diabetica rappresenta una forma molto temibile, dato che rappresenta la maggiore causa di cecità legale entro i 65 anni; la degenerazione maculare legata all’età, seconda causa nei pazienti fino a 65 anni di età, diventa la prima causa di cecità legale nei pazienti al di sopra dei 65 anni.

– Purtroppo quasi tutte le forme di maculopatia tendono ad interessare entrambi gli occhi, anche se non sono sempre identiche in quanto a gravità (anche perché, chi possiede una maculopatia in un occhio, tende ad essere più preciso nell’effettuare visite oculistiche ed ha più possibilità di scoprire per tempo la maculopatia nel secondo occhio).

– La familiarità è molto importante per alcune forme di maculopatia (ad esempio la degenerazione maculare legata all’età), diventa scarsamente o per nulla importante per altre (ad esempio la Sindrome dell’interfaccia vitreo-retinica).

– Raramente c’è modo di mettere in atto manovre di prevenzione: in medicina esiste una prevenzione primaria (cioè un insieme di accortezze atte a ridurre l’insorgere di una malattia che ancora non c’è) e una prevenzione secondaria (un insieme di accortezze atte a ridurre l’evoluzione di una malattia già esistente): per la retinopatia diabetica è possibile effettuare una importantissima prevenzione primaria, monitorando e mantenendo al meglio possibile il compenso glicemico (e secondariamente anche quello pressorio); per la degenerazione maculare legata all’età il fumo di sigaretta rappresenta un fattore favorente ma, oltre a questo, per tutte le altre patologie non esiste una vera e propria prevenzione primaria; rimane quindi solo la prevenzione secondaria (consistente essenzialmente in monitoraggi periodici, con l’instaurarsi di adeguata terapia nella tempistica adeguata).

– Non sempre avere una buona vista significa non avere una maculopatia: alcune forme non iniziano interessando da subito il centro della macula (ad esempio la Sindrome dell’interfaccia vitreo-retinica), ragion per cui la vista distinta può essere conservata nelle prime fasi.

– Praticamente tutte le forme di maculopatia si giovano di integratori retinici: queste sono sostanze che consistono in ciò di cui si nutre la retina; in alcune forme può essere molto utile utilizzare tali integratori, in altre rappresentano solo un piccolo supporto.